Due fratelli, due differenti percorsi - Martino e Alberto Piazza.

77) Alberto Piazza, San Gerolamo penitente, Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegaleria

78) Albertro Piazza, Morte di San Paolo eremita (particolare), Lodi, Museo Civico (già chiesa dell'Incoronata)

79) Alberto Piazza, Sant'Antonio abate e san Paolo eremita ricevono il cibo dal corvo, Lodi, Museo Civico (già chiesa dell'Incoronata)
Interviene sempre più la vena eccentrica a sovvertire un clima altrimenti apparentemente pacato. Ma tutto ciò si verifica per gradi, senza che egli modifichi i propri caratteri distintivi. Lo si segue passo passo nei quadri che torniamo ad assegnargli, segno di un pittore che sente necessaria la propria stravagante autonomia, pur non riuscendo a liberarsi dalle suggestioni di una realtà artistica che lo circonda e lo coinvolge. Un’opera come l’Adorazione del Bambino in collezione privata bergamasca /fig. /(103) è indicativa dei mutamenti avvenuti. Sembrerebbe databile alla maturità in quanto vi confluiscono elementi comuni alla tavola di San Diego e alla straordinaria riedizione della Madonna dei fusi, con la stesura sciolta, di un colore brillante e dalle vivide trasparenze. Caratteristiche che accomunano anche questo San Gerolamo penitente, in collezione privata milanese /fig. /(104), non distante, in un dialogo di serrata ricerca, agli artisti già ricordati, nei quali è comune il gusto per certa avversione ai modelli figurativi ufficiali. Rappresentativa di questa fase è anche l’altra Madonna col Bambino di attuale ubicazione ignota /fig. /, nella quale il pittore fonde queste componenti ad altre che risalgono a Bartolomeo Veneto e ai veronesi come Filippo da Verona. Dal pagamento del 22 aprile 1522 sappiamo che Martino aveva eseguito l’affresco, andato distrutto, sopra l’ingresso del Monte di Pietà, sorto da poco tempo a Lodi. La sua vita si conclude entro il primo marzo dell’anno successivo, lasciando una bottega certamente ben avviata e l’eredità artistica ai tre figli, Cesare, Callisto e Scipione, che proseguiranno dallo stesso 1523 la loro formazione, non casualmente, a Brescia. E’ impensabile che costoro non abbiano appreso i primi rudimenti, e forse non solo quelli, dal padre e dallo zio Alberto. Proprio questo vuoto esistente fra gli esordi bresciani di Callisto, soggetti alle influenze di Romanino e Moretto, e la cultura figurativa lodigiana del primo Cinquecento mi aveva spinto ad affrontare l’argomento qui sviluppato. Ora il rapporto tra il padre e il figlio più famoso appare assai meno problematico da comprendere, proprio per i contatti già intessuti da Martino sia con l’ambiente bresciano, sia con quello cremonese durante gli anni di realizzazione degli affreschi in Duomo.(105) Callisto è probabilmente a Brescia dai primi mesi del 1523, seguito nello stesso anno da Scipione, mentre Cesare vi si reca probabilmente più tardi.(106) Una diaspora indicativa della loro non ancora consolidata posizione professionale e sociale, che suggerisce la possibilità che neppure Alberto si trovasse in quel momento a Lodi. ALBERTO Del fratello minore di Martino non si conosce alcuna opera siglata e la letteratura artistica

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