Due fratelli, due differenti percorsi - Martino e Alberto Piazza.

questa Madonna col Bambino /fig. /(92) richiamano le opere di Bartolomeo Veneto: l’autore è indiscutibilmente Martino, in un momento avanzato, forse già nel terzo decennio. Nel decennio precedente si scalano altre Madonne col Bambino che dimostrano nuovamente l’eclettismo e la varietà d’invenzioni perseguite da Martino, mai limitato alla ripetizione di un’immagine, ma alla continua ricerca di soluzioni originali pur a scapito del naturalismo dei suoi personaggi ai quali fa assumere posizioni sempre più incongruenti e stravaganti. Una di queste redazioni /fig. / si identifica tra le fotografie dell’archivio di Girolamo Bombelli di Milano (93), caratterizzata dalle significative aperture dietro il dossale e dal caratteristico motivo dei panni annodati sul capo e sulla spalla. Gli stessi curiosi segnali sono alla base della riedizione della Madonna dei fusi /fig. / in una stesura liquida e vibrante, dai colori accesi che lasciano trasparire il fascino di Altobello Melone, al quale il dipinto era stato assegnato.(94) La terza Madonna col Bambino /fig. /(95) è un aggiornamento rispetto a quella del bacio; la donna si trova inserita in un paesaggio che la sovrasterebbe se non avesse dalla sua un’ampiezza di forme, una monumentalità del tutto ragguardevole. Si direbbe che Martino non disdegni neppure la conoscenza degli artisti veronesi, da Giolfino a Filippo da Verona, con il quale, per il tramite dei comuni interessi verso le proposte di Giovanni Agostino, sembra dialogare su temi che coinvolgono in modo paritario la figura umana e la natura rigogliosa e ribelle.(96) Queste opere di Martino si collocano probabilmente in anticipo rispetto alla piccola tavola con l’Adorazione dei pastori che, in quanto datata 1518 /fig. 6/, costituisce l’unico termine cronologico per organizzare il percorso della sua produzione. Si può dire in sintonia con la Natività di Altobello del Seminario Vescovile di Cremona, al confronto con la quale il dipinto di Martino appare di maggiore vigore. Martino sembra avviato verso nuovi interessi, recettivo alle stravaganti soluzioni di Altobello Melone, Giovan Francesco Bembo e del Romanino e a certa pittura nordica di stampo tedesco, come bene dimostra l’affresco lodigiano di Santa Maria alla Fontana, che farei risalire a questo momento, durante il quarto lustro del Cinquecento. Con esso Martino si rivela anche ottimo ritrattista, almeno a giudicare dall’intenso profilo del donatore inginocchiato sulla sinistra. Ambientata in una spazio aperto, la Vergine, con un chiaro riferimento al titolo della chiesa, asciuga con un panno bianco il Bambino che le indica il committente. Nonostante il precario stato di conservazione, parzialmente compromesso dalla solfatazione dei colori, l’opera mantiene inalterate le caratteristiche per essere affiancata

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