Giovanni Agostino da Lodi ovvero l'Agostino di Bramantino: appunti per un unico percorso

31) Giovanni Agostino da Lodi, Pan e Stringa, Lugano, Fondazione Thyssen-Bornemisza

alla collezione Lynch (94), anche se troppo radicalmente pulita e impoverita delle velature, sono rimasti sufficientemente leggibili i caratteri peculiari che permettono di giudicarla autografa. Un altro dipinto da far risalire a questo momento, noto agli studi attraverso una riproduzione poco chiara, è l'Adorazione del Bambino che all'inizio del secolo si trovava nella raccolta Müller Walde (95). L'opera è riapparsa anni addietro sul mercato antiquario ed in quella occasione è stata sottoposta ad un intervento di restauro. L'immagine che unisco al testo documenta la situazione prima di questo recupero: la superficie pittorica presenta lacune in più parti, dovute principalmente ad abrasioni e a cadute di colore; la tavola era stata utilizzata come se fosse centinata, ma è ben visibile anche dalla fotografia che il paesaggio prosegue oltre la lunetta, in una zona ridipinta. Rispetto alla riproduzione di problematica lettura pubblicata dal Frizzoni, quest'altra consente se non altro di confermare pienamente l'autografia e di stabilire un'indicativa datazione all'interno del secondo decennio. Le figure tendono ad ampliare sempre più i loro volumi e i panneggi acquistano una serie di profonde pieghe in senso verticale, la composizione diviene serrata e volutamente scoordinata: sono tutti elementi che l'artista utilizza per raggiungere una visione maggiormente eccentrica e stravagante, fuori dai comuni schemi figurativi, a tal punto che proprio in questo senso si deve apprezzare l'insegnamento del Lodigiano, verso il quale sono riscontrabili sempre più precisi legami con le contemporanee opere del Romanino e di Altobello Melone, a loro volta attenti interpreti delle sue novità. Così facendo il pittore raggiunge un modo espressivo che si può definire 'reazionario' proprio perchè lo pone quale portavoce delle più aggiornate tendenze anticlassiche, manifestatesi con strabiliante originalità fin dalle prove più antiche quali l'inedito Martirio di San Sebastiano o il Cristo deposto di Poznan. Tra il 1519, anno nel quale il vescovo di Bobbio Battista Bagarotti, lasciato il vescovado al cardinale Agostino Trivulzio, prende in consegna la chiesa di Santa Maria della Pace a Milano, ed entro il 5 settembre 1522, data della sua morte (96), risalgono le opere più tarde che finora possiamo documentare all'interno del percorso di Giovanni Agostino: sono i due pannelli raffiguranti l'Adorazione dei Magi e il Battesimo di Cristo (entrambi a Milano nella Pinacoteca di Brera) appartenenti, insieme ad altri ricordati dal Torre (97), all'ancona commissionata dallo stesso Bagarotti per l'altare maggiore, che l'artista lodigiano esegue con la collaborazione di Marco d'Oggiono. Mentre l'Adorazione mi sembra quasi completamente autografa (va forse individuata una partecipazione di Marco nel volto smaltato della Vergine), nel Battesimo è stato

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