Giovanni Agostino da Lodi ovvero l'Agostino di Bramantino: appunti per un unico percorso

22)Giovanni Agostino da Lodi, copia delle Sante Maria Maddalena e Marta, Pavia, Certosa, Museo

23) Giovanni Agostino da Lodi, frammento delle Sante Maria Maddalena e Marta, Verona, Museo di Castelvecchio
già puntualizzato il rilevante peso da lui avuto nell'ambiente veneziano in questi anni cruciali, a cavallo di secolo, quale tramite e diffusore della più aggiornata cultura milanese, sia essa bramantinesca o leonardesca. Leggiamo ora quanto afferma Giovanni Paolo Lomazzo nel 'Libro Quinto' del proprio Trattato, espressamente dedicato alla prospettiva e alle sue regole di applicazione: nel XIV capitolo egli analizza in particolare la funzione "della seconda vista mentita obliqua" (64), facendo specifico riferimento alla pratica per la sua utilizzazione, fondamentale per la riproduzione naturale della figura umana nelle volte semicircolari delle cappelle. "Questa via di scortare è la più difficile che sia, perchè non solo bisogna star co'raggi, ma non bisogna pur d'un punto errare". (65) In questo significativo contesto l'autore fa seguire un esempio che "si vede in Milano a S. Maria del Carmine in una cappella della vita della Maddalena, di mano di Zenale, il volto della quale è fatto di questa maniera, ed ha molti Santi assisi sopra i cornicioni che sono di mano di Agostino Milanese". (66) La descrizione effettuata in questo passo è di fondamentale importanza: il soggetto dell'opera posta sulla sommità della cappella indicata dal Lomazzo riporta alla mente la posizione e il modo nel quale sono ambientati nello spazio l'Evangelista seduto e l'Angelo annunciante dipinti da Giovanni Agostino su entrambe le faccie del frammentario pannello conservato al Museo di Berlino. Le due figure sul margine di un gradino sembrano, infatti, riproporre le posizioni assunte dai Santi nei perduti affreschi del Carmine e la precoce datazione del pannello in probabile rapporto con queste opere indicherebbe una esecuzione dei suddetti affreschi prima della partenza per Venezia e confermerebbe gli orientamenti in senso prospettico che abbiamo visto caratterizzare la fase iniziale del percorso dell'artista. Due secoli dopo la fonte lombarda, anche l'abate Luigi Lanzi accenna allo stesso artefice: nella prosecuzione del discorso sul Bramantino egli ricorda, sulla scorta delle informazioni fornite dal Lomazzo, che "fu suo allievo Agostin da Milano peritissimo nel sotto in su, ...". (67) Di questo Agostino di Bramantino milanese, prosegue il Lanzi, "si poco è noto in Milano che ci fa credere esser lui più che in patria vivuto altrove. E non saria punto da riprendere chi sospettasse lui essere quell'Agostino delle Prospettive che troveremo in Bologna nel 1525". (68) Con questa ipotesi lo studioso indicava la strada per una nuova interpretazione dell'artista milanese. Anche lo Schlosser (69) condivideva una simile riunificazione, tanto da supporre che fosse appunto costui l'artefice con il quale Dürer si recò a Bologna sul finire del 1506,

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