Nei dintorni del Ceruti, una nota sul Bonino

2) Bonino, Ritratto di don Cesare Martignoni, 1767, Milano, collezione privata

settecentesca. Al contrario, don Federico manifesta un senso di velata malinconia e di intima chiusura in se stesso. Il vivace modo con cui l'artista esegue la veste nera e realizza nella medesima tinta il copricapo calato con indifferenza sulle spalle è ravvivato dalle filettature sgargianti del colletto e del polsino; lo stesso volume aperto, cromaticamente assai prossimo alle tonalità usate nel pendant, con le uguali striature bianche e rosa sugli orli delle pagine e della legatura, determina un inserto luminoso nella parte più scura del dipinto. L'intensità con cui è osservato il personaggio rende ancora più gradevole il soggetto, e quelle dita a mo' di tenaglia, già pronte a voltare pagina, confermano l'intenzione del Bonino di voler fissare un istante della sua vita. Della medesima serie, non tutta eseguita dal pittore di Varese, fanno parte altri due ritratti del Bonino, uno dei quali firmato e datato 1769. (7)Nello stile e nell'impostazione, entrambi richiamanc fedelmente il don Federico: i colori e la stesura a colpi di luce non lasciano dubbi anche per il rame non siglato, che risale di certo agli stessi anni. Il Bonino usa inserire nel pur limitato spazio un particolare, talvolta un simbolo legato al personaggio, che in questi casi equivale allo spigolo della mensola o al libro delle orazioni. Proprio il confronto con l'ultimo Ceruti rende facilmente comprensibili le differenze stilistiche tra i due artisti: rispetto al Ceruti, il Bonino dimostra un fare più strettamente pittorico; sembra cioè legarsi soprattutto alla tradizione del concittadino PietroAntonio Magatti (Varese 1691-1767), non tralasciando nella vivace stesura la conoscenza degli esuberanti bozzetti del più noto Carlo Innocenzo Carloni (Scarta d'Intelvi 1686-1775). Al Bonino è possibile che vada attribuito anche il ritratto del cardinale; l'antica scritta sulla parte superiore del telaio permette d'identificare che si tratta di "Sua Eminenza Cardinale Marchese Millo".(8) L'autore è evidentemente suggestionato dalla pittura romana tardo-barocca e dalla ritrattistica a carattere ufficiale; il giudizio é però in parte condizionato dal differente supporto pittorico: il rame infatti consente una tecnica e dei risultati differenti, ma la naturalistica interpretazione, la carica ironica e bonaria che' il viso trasmette, a nostro avviso, hanno piuttosto un sapore di Lombardia; la tecnica con cui è realizzato il volto, picchiettato a leggeri colpi di colore, sembra suggerire che si tratti dello,stesso artista. Il cardinale è raffigurato a figura intera in un interno caratterizzato da un certo numero di oggetti personali. Agghindato di tutto punto nel solenne abito purpureo, con un ampio gesto, il cardinale Martignoni suona il campanello preso dalla consolle sulla sinistra; vi

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